HO TROVATO L’AMERICA - Michel Altieri a New York: "I Krisma riferimento per la musica italiana" (Grazia n. 57)
di Vincenzo Petraglia
IL SUCCESSO NEL MUSICAL LA BELLA E LA BESTIA HA APERTO
A MICHEL ALTIERI LE PORTE DI BROADWAY «IN ITALIA,
SE SAI CANTARE E BALLARE, TI DICONO CHE SEI TROPPO "IMPEGNATIVO"».
E A NEW YORK? LO HANNO PROMOSSO COME
UN MIX DI BOWIE, BANDERAS E IL FANTASMA DELL'OPERA.
Di bellezza, energia e talento Michel Altieri ne ha da vendere, ma chissà perché, negli ultimi tempi il nostro Paese si sta facendo scappare parecchi dei suoi artisti più promettenti "regalandoli" all'estero.
E così Altieri, autentico "animale da palcoscenico" (così lo definì Luciano Pavarotti, che lo lanciò nel 2000, nell'opera rock Rent), dalla scorsa estate vive negli Stati Uniti, dopo una stagione da incorniciare nei panni del protagonista del musical dell'anno, La Bella e la Bestia.
Madre francese e padre italiano, questo ragazzo «cresciuto a pane e David Bowie» è arrivato a Broadway (allo Shubert Theatre per Dracula e nella scena "off'' con The Water Dream).
Come mai, nonostante il successo per "La Bella e la Bestia", è partito per gli Stati Uniti in cerca di fortuna?
«È stato il musical italiano dei record, ma ho capito che non potevo fare di più. In Italia le grandi produzioni tendono a frenare gli artisti perché temono il loro successo personale. Per non parlare dei guadagni: già produrre musical è difficile, in più i ricavi non sono quasi mai all'altezza degli sforzi. Ecco perché tanti attori scelgono il vuoto e l'esibizionismo di certa televisione. Si arriva prima».
Ci faccia un esempio
«Non molto tempo fa, un famoso talk show televisivo si è rifiutato di ospitare me e Arianna Bergamaschi (la coprotagonista di La Bella e la Bestia, ndr) nonostante la popolarità del musical. Poi, il giorno dopo, accendo la tv e chi avevano invitato al posto nostro? Le due ragazze di Ostia, quelle del "Calippo e della bira"! È una realtà che le fiction vengano affidate più facilmente al divo dell'ultimo reality che a un attore che ha studiato».
Perché?
«Purtroppo, in Italia si dividono gli attori in tante categorie: di fiction, di cinema impegnato, da cinepanettone di prosa, adatti ai musical e così via. Io, comunque, a Gabriel Garko continuo a preferire Greta Garbo!».
Lei è molto polemico, ma perché, in America, è tanto diverso?
«Se sai cantare e recitare, in Italia ti dicono che sei "impegnativo" e che non c'è spazio. Negli Stati Uniti hanno più rispetto e sono più aperti. Pigrizia e scorciatoie non servono, lì. Si lavora duramente e ti dicono che sei bravo solo se il pubblico ti crede. Punto».
E. guarda caso, lei è subito arrivato a calcare uno dei più noti palcoscenici di Broadway nei panni di Dracula ...
«È stato un sogno che si è realizzato dopo tanta fatica. Un'estate scorsa ero a New York per fare dei provini e il leggendario direttore di casting Barry Moss mi ha notato: ha guardato i miei video su YouTube e li ha mostrati al regista, mi hanno ''studiato'' e poi, a sorpresa, mi hanno chiamato».
La stampa americna ha scritto che vederla in scena '"è come mettere in lavatrice David Bowie, Antonio Banderas e il Fantasma dell'opera".
«Recitare da protagonista, in inglese con una leggenda di Broadway come George Hearn ti insegna molto. E in fretta. Ho cercato ispirazione in tutto, dal cinema muto alla strada. In platea, per ben sei volte, è venuto a vederci il regista David Ambrose, che poi mi ha proposto di lavorare con lui nel film Spiral, che abbiamo iniziato a girare ora».
Di che cosa parla?
«È un thriller scritto da John Buffalo Mailer, che poi è figlio dello scrittore Norman. Tutto ruota attoro a una leggenda di pescatori della baia di Boston e io interpreto Sanky, una specie di stregone metropolitano che canta, sfoggia una cresta punk ossigenata e un pitone al collo».
Questo le mancava ...
«Un attore deve conoscere il mondo, provare, osservare, imparare e poi restituire. Se non capisci gli altri, non ti crederanno mai una volta che sei in scena».
Ci sono personaggi, del presente o del passato, a cui vorrebbe assomigliare?
«Filosofi come Platone, ma anche Yoko Ono e Lady Gaga: la guardi e vedi contemporaneamente Grace Jones, David Bowie, Chopin, Madonna, Elton John e Boy George. Il mondo non sarà più lo stesso dopo di lei. È un genio, forse il Genio».
Quali sono stati, invece, i suoi maestri?
«Sicuramente Luciano Pavarotti. che mi ha insegnato a cercare l'equilibrio tra tecnica e comunicazione Tato Russo, che mi ha insegnato a essere generoso, e Anna Strasberg da cui ho imparato ad avere coraggio per chi non ne ha».
Ricorda un episodio particolarmente importante di uno di loro?
«Pavarotti nell'appartamemo di Central Park South. Arrivò con lo zucchero filato per tutti e mi disse: "Altieri, il mio campione". Lui riuscì a vedere sempre il bene in ogni cosa, anche quando sbagliavo».
A parte il lavoro, come si trova nella Grande Mela?
«Io e Jessy (la moglie, l'attrice Jessica Polsky, ndr) abitiamo in un loft su tre livelli: è tutto bianco ma l'abbiamo arredato con quadri enormi e lampade di design rigorosamente made in Italy: sembra di essere a Milano. Cose che gli americani adorano! Per il resto, ricevo grandi lezioni di vita: New York è una città dove la tolleranza e l'accoglienza sono di casa, è come se la gente stesse aspettando proprio te».
Che cos'altro amano di noi italiani oltreoceano?
"Una volta pizza e mandolino, oggi moda e design. I palati più fini ci invidiano tanto il design universale di Gio Ponti quanto la musica elettronica dei Krisma, che hanno inventato quel genere».
Lei, invece, che cosa ama dell'Italia?
«ll suo slancio verso il futuro, mentre detesto l'atteggiamento di chi dice: "Chissà. forse domani". C'è sempre qualcuno che sembra essere al suo posto solo per mettere i bastoni fra le ruote agli altri».
Ne usciremo mai?
«L'Iltalia cambierà quando governeranno i giovani».
Parliamo di donne. Come sono le americane?
«La newyorchese è piuttosto realistica: è una donna forte, gioiosa. che ha fretta. Se è di origine ispanica, invece, ama vestirsi color oro e, se esce, la sera mette il tacco 12. Tanto, e questa è una meraviglia, la città è sicma».
E gli uomini?
«È strano. Qui dicono che, se sei ben vestito, o sei gay o sei europeo. Per il resto una grande differenza c'è: il maschio italiano, di solito, si vanta dei tradimenti, mentre qui sono considerati una vergogna».
Il fatto che lei e sua moglie facciate lo stesso mestiere è un aiuto o un ostacolo alla vita di coppia?
«È un vantaggio perché ci confrontiamo e ci completiamo ogni giorno. Lei è americana e, quando mi sento disorientato, averla accanto è una fortuna».
Pensate di tornare, prima o poi,in Italia?
«Per ora, a malincuore, solo in vacanza».
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