Chiambretti, il signore del caos (La Stampa Press Review, 2009)
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with Umberto Tozzi and Richard Benson - Part II from Many Kisses on Vimeo.
Su, tra redazione e camerini, è un suk dove si agita di tutto. Redattori, autori, consulenti, funzionari, stagisti, imbucati, ballerini, il regista Massimo Fusi. Tatti Sanguinetti è da sempre nella parte, lirico e spettinato come un gattaccio appena uscito quasi illeso dalle ruote di un camion. Dabbasso è Ambra, il jolly, a fare il lavoro sporco. Impartisce gli ultimi, amichevoli consigli al parterre: «Niente foto se non volete le braccia tranciate dal mio machete, le borsette sotto le sedie, telefonini chiusi». Spiega come battere le mani, senza fischio, col fischio, con urlo, fischio e urlo insieme. E come comportarsi, se inquadrati. «Vedervi con le facce da morti sarebbe deprimente, perché qui non si dorme come a “Porta a porta”... Mi raccomando le signore, una bella scosciata». Il nano qui è ovunque, giganteggia, reale e virtuale. I due nanoni schierati in studio e il Mao in versione Berlusconi. Geniale l’al di là, le gabbie di ferro in alto dove galleggia sospeso in ordine sparso il serraglio umano, toreri leggiadri, gemelli pachidermici (due enormi gelatai di Rimini), i due Krisma, l’imitazione della Mara Maionchi.
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Ovunque ti giri è la beatificazione di Chiambretti. «Qui non c’è niente che non sia di Piero, lui immagina e vede tutto».
«Te la dico secca, abbiamo intrapreso una inclinazione temporale di carattere quantistico, siamo fuori dalla battuta, dai rapporti che puzzano, privilegio che ci ha riconosciuto Chiambretti». Mi spiega in confidenza il segreto dell’immortalità: «Devi fare un file di te stesso, il più completo possibile, e poi lanciarlo col telefonino nello spazio marginale, dove non ci sono le flotte satellitari, e tu vai per sempre, non sai dove, ma vai».
Cristina, la metà della «mela marcia», si aggiunge: «Chiambretti ha sette coglioni, vede tutto, anche se il torero in alto ha il ciglio finto che gli cade».
La sapienza dello spettacolo, capisci, è nel suo essere un cocktail ormonale, cromatico, sensoriale, perfettamente calibrato, tra bianchi e neri, uomini che sembrano donne e donne che sembrano uomini, Jonathan e Abatantuono, Casassa e Costantino, pazzi che ci sono e pazzi che ci fanno. Arriva Melissa Satta e con lei il fantasma di Bobo Vieri, incantevole Lolita in short e magrezza spettrale, che mastica la cicca americana. Due minuti ed è come se fosse da sempre nel balletto di Bill Goodson.
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